13 nov 2013

ciclodestrine



CICLODESTRINE
Spesso le ciclodestrine vengono utilizzate in campo alimentare per includere aromi ed essenze e migliorarne la stabilità cambiandone lo stato d'aggregazione da liquido a solido.
Le β-CD possono essere usate in campo farmaceutico grazie all'assenza di tossicità che presentano quando somministrate per via orale. In questo campo vengono spesso impiegate per la capacità di questi ospitanti di mascherare il sapore sgradevole di alcuni farmaci, per convertire composti liquidi in solidi e inoltre per migliorare il profilo di biodisponibilità di molti farmaci grazie soprattutto alla capacità di migliorare la solubilità in acqua. Le β-CD non possono essere utilizzate per somministrazione parenterale in quanto sono nefrotossiche, tuttavia derivati idrossipropilici di questa CD e l'α-CD possono essere utilizzate per questa via in quanto non presentano alcuna tossicità e consentono di formulare con estrema facilità farmaci insolubili in acqua. Comunque ad oggi vengono utilizzate soprattutto per la preparazione di forme farmaceutiche orali, in particolare di compresse, ma anche di capsule, suppositori e soluzioni.
Le ciclodestrine trovano impiego anche in gascromatografia come fase stazionaria per colonne chirali, ossia in grado di separare enantiomeri.
Ultimamente sono sempre più utilizzate in campo cosmetico.
Ultimamente le ciclodestrine sono state proposte per donare nuove caratteristiche a tessuti e indumenti. In particolare sono state create fibre tessili contenenti ciclodestrine legate chimicamente in grado di garantire al tessuto una resistenza ai cattivi odori. Le ciclodestrine in questi tessuti intrappolano le molecole responsabili di cattivi odori impedendone l'evaporazione e dunque la percezione. Un'altra possibilità è quella di spruzzare profumi e fragranze su questi tessuti che verranno sequestrati dalle ciclodestrine che ne rallenteranno l'evaporazione prolungando l'efficacia della profumazione.
COSMETICA
La chimica cosmetologica non e' più la Cenerentola della ricerca industriale. Non si e' ancora ai livelli d'investimento del settore farmaceutico e di quello alimentare, ma certamente si e' definitivamente giunti al convincimento che anche da questo comparto possano arrivare tante soddisfazioni e importanti risultati scientifici.
Spesso, inoltre, lo studio di alcune molecole si trasferisce da un campo all'altro, ampliando la bibliografia di riferimento, ma anche l'applicazione delle scoperte e lo sfruttamento commerciale dei brevetti.
Un esempio concreto di queste sinergie incrociate e' dato dalle ciclodestrine, una famiglia di materie prime naturali, da diversi anni molto utilizzate anche in cosmesi.
Per conoscere di più di queste catene di oligosaccaridi ciclici derivati dalla degradazione idrolitica dell'amido, abbiamo posto alcune domande a uno dei maggiori esperti sull'argomento, il dott. Ugo Citernesi, responsabile della divisione cosmetica dell'Istituto Ricerche Applicate (I.R.A.) di Usmate Velate (MI).
Ci può raccontare la storia di queste molecole naturali? 
Il primo riferimento in letteratura risale al 1891, quando furono isolate da una coltura di bacillus amylobacter e identificate con il nome di cellulosine. Ma e' nel primo decennio del secolo scorso che viene scoperto che il microrganismo che fornisce l'enzima per produrle industrialmente e' il bacillus macerans. Ci vollero però degli anni per completare il quadro completo delle loro proprietà tossicologiche e soltanto negli ultimi due decenni si e' assistito a una crescita della loro applicazione nella farmaceutica, nel settore alimentare e infine nella cosmetica.
Quali sono le proprietà chimico fisiche che più attraggono l'industria?  





Questi oligosaccaridi possono essere distinti in tre gruppi: a, b‚ e g ciclodestrine, rispettivamente formate da 6, 7 e 8 subunità glucopiranosidiche, stericamente di forma cilindrica, con la parte esterna idrofila che delimita una cavita' centrale idrofoba in cui possono essere ospitate una grande varieta' di molecole attive al fine di formare dei complessi d'inclusione attraverso un processo d'incapsulazione molecolare che difende le sostanze ospiti da quei processi ossidativi e degradativi che potrebbero danneggiarle. Inoltre le ciclodestrine possiedono un'altra capacita' che le rende interessanti per le applicazioni cosmetiche: la possibilità di un rilascio controllato che migliora la biodisponibilità. È quello che si fa con la microincapsulazione del d-tocoferolo, una delle forme di vit.E, dalla elevata attività antiossidante e antiradicale, che nella forma complessata presenta una maggiore attivita' di quella libera.
Cosa significa in termini di formulazione?  
Che le ciclodestrine possono essere usate come deodoranti, stabilizzanti, ed emulsionanti di prodotti di trattamento ma anche per la formulazione di cosmetici per il make up, destinati a permanere sul viso e sulla cute per l'intera giornata. La maggior parte dei concentrati di profumi, forma complessi con ciclodestrine e in tal modo si puo' evitare l'irritazione oculare di uno shampoo o di un bagno schiuma profumato. Inoltre si possono preparare molte emulsioni base per cosmetici in oli stabili e in acqua, valide per esempio- Scade il 31 ottobre 2006 il termine per la presentazione delle foto da sottoporre a Psoframe, il 1° Concorso fotografico Abiogen Pharma, che ha come tema la
psoriasihttp://cdncache1-a.akamaihd.net/items/it/img/arrow-10x10.png nelle sue forme cliniche e nella varieta' dei segni cutanei. Ogni dermatologo può partecipare inviando tramite il sito www.psoframe, fino a 3 immagini digitali in formato Tiff o Jpg, con dimensioni minime: 1600 x 1200 pixel e peso inferiore a 5 Mbyte. Il concorso e' organizzato in 3 categorie (originalità del segno, utilità diagnostica del segno cutaneo, patologie concomitanti e sovrapposizione dei segni). Fissati i criteri di valutazione: definizione e nitidezza dell'immagine; luminosità ed evidenza della manifestazione clinica; chiarezza dell'inquadratura. Premi previsti: 3 macchine fotografiche digitali professionali Nikon 7OS. pio per lozioni per il viso. Molte altre sostanze fisiologicamente attive come l'olio di camomilla possono essere allo stesso modo stabilizzate tramite l'impiego di ciclodestrine.
Non si usano mai ciclodestrine vuote, cioè non complessate?  
Applicate sulla pelle insieme a polveri adsorbenti si può ottenere la complessazione dei lipidi secreti sulla superficie epidermica, in particolare gli acidi grassi polinsaturi che partecipano al processo infiammatorio, prevenendone l'ossidazione sia chimica che microbiologica e inibendo la formazione di radicali liberi, e dimostrando cosi' di essere efficace come trattamento antiacne.
Qual e' il futuro di questo campo di ricerca?  
Il futuro e' legato allo studio dei derivati delle ciclodestrine, alcuni dei quali sono già usati in campo industriale, ma anche alla creazione di ciclodestrine leggermente modificate che generalmente presentano un sostanziale aumento della solubilità in acqua, mantenendo le stesse proprietà complessanti delle ciclodestrine semplici. Superfluo dire che questa maggiore idrosolubilità le rende ancor più interessanti per applicazioni in vari settori, tra cui anche quello cosmetico.
Tessuti
COMPLESSAZIONE
• si crea un equilibrio tra la forma complessata e la forma libera, man mano che il p.a. viene assorbito, l’equilibrio si sposta liberando nuovo p.a., che viene assorbito.



COME LEGARE LE CICLODESTRINE AI TESSUTI?
• inglobando le ciclodestrine nella resina poliuretanica od altro, formando così un tessuto spalmato e/o accoppiato
• legando la ciclodestrina direttamente alla fibra tessile
Il presente lavoro trae spunto da uno studio applicativo che utilizza le ciclodestrine in tessuti accoppiati. Questa nuova tecnologia permette di sviluppare tessuti e quindi vestiti con applicazioni fino ad ora impensabili: tute e body che rilasciano sostanze dimagranti o con funzioni tonificanti, suole da scarpe profumate o comunque capaci di trattenere il cattivo odore avendo una funzione anti microbica, lenzuola che rilasciano sostanze anti acaro, bende con sostanze antidolorifiche, tende con principi attivi antizanzara ecc.. Di fatto le potenzialità sono infinite soprattutto se si pensa che con questa metodologia è possibile ricaricare le ciclodestrine e quindi il tessuto durante la fase di esaurimento, mantenendo funzionale nel tempo e per più cicli la loro capacità di lento rilascio dei principi attivi.
La possibilità di inglobare ciclodestrine in tessuti, lasciando inalterata la cavità ospitante, ha aperto un nuovo settore applicativo estremamente interessante: la creazione di tessuti e quindi abiti, con capacità funzionali ben determinate. Basti pensare all'uso di particolari solette all'interno di scarpe, le ciclodestrine possono rilasciare lentamente sostanze odorose, antisudorazione e antimicrobiche. Costumi sportivi, che venendo a contatto con l'epidermide possono rilasciare sostanze fortificanti o dimagranti, normalissimi abiti che rilasciano lentamente essenze profumate. Viene sfruttato il fatto che le ciclodestrine vengono inserite nel polimero già sotto forma di complesso, miscelandole alla resina non polimerizzata. il principio attivo necessariamente volatile (ad esempio mentolo, essenze ecc.) con la polimerizzazione a temperature elevate si volatilizza, rompendo il suo complesso con le ciclodestrine e lasciando così libera la cavità, poiché il reticolo polimerico una volta formatosi, non entra nella cavità delle ciclodestrine a causa delle diverse dimensioni molecolari. si ottiene così un'immobilizzazione della ciclodestrina "vuota" nelle maglie molecolari del poliuretano e la possibilità di una successiva creazione del complesso funzionale con principi attivi funzionali diversi.      

bios

In informatica, il Basic Input-Output System o BIOS è un insieme di routine software, generalmente scritte su memoria ROM, FLASH o altra memoria non volatile, che fornisce una serie di funzioni di base per l'accesso all'hardware del computer e alle periferiche integrate nella scheda madre da parte del sistema operativo e dei programmi. Nei computer IBM-compatibili la ROM del BIOS contiene anche il POST, il primo programma che viene eseguito dopo l'accensione, coinvolto dunque nella fase di avvio (boot) del sistema di elaborazione.

Descrizione
Nei primi PC IBM il BIOS supportava tutte le periferiche e il DOS faceva completo affidamento su di esso per le operazioni a basso livello, ma con l'evoluzione tecnologica successiva le capacità offerte dalle routine di gestione del BIOS (all'epoca non aggiornabili, perché scritte in ROM) divennero rapidamente insufficienti. Attualmente i moderni sistemi operativi (ad esempio Microsoft Windows o Linux) non usano più il BIOS per le loro operazioni di Input/Output, ma accedono direttamente all'hardware.
Il BIOS è scritto di solito nel linguaggio assembly nativo della famiglia di CPU utilizzata. Attualmente il BIOS dei PC è scritto su memorie EEPROM riscrivibili, quindi può essere modificato e aggiornato: generalmente i costruttori mettono a disposizione nuove versioni di BIOS per correggere difetti o aggiungere supporto a periferiche hardware non previste inizialmente.
L'operazione di aggiornamento va eseguita con cautela, perché, se non va a buon fine, per esempio a causa di un black out, può rendere la scheda madre inutilizzabile.
Il termine apparve per la prima volta con il sistema operativo CP/M e descriveva quella parte di CP/M che veniva caricata all'avvio e che si interfacciava direttamente con l'hardware. I computer che utilizzavano il CP/M avevano infatti solo un semplicissimo boot loader nella ROM. Anche le successive versioni del DOS avevano un file chiamato IBMBIO.COM o IO.SYS del tutto analogo.
Pur essendo BIOS un acronimo, c'è un richiamo alla parola greca βίος (bios) vita.
Avvio del PC
A partire dall'introduzione dei primi IBM PC XT e compatibili nell'agosto del 1981, è il BIOS che ha il compito di dare i primi comandi al sistema durante la fase di avvio, detta boot process. In questa fase, dopo i controlli preliminari sulla funzionalità dei componenti fondamentali (interrupt, RAM, tastiera, dischi, porte), per sapere come inizializzare correttamente le periferiche presenti il BIOS legge alcuni parametri (come l'ora e la data correnti) da una piccola memoria RAM CMOS[1] tamponata, cioè mantenuta alimentata anche a PC spento da una batteria, del tutto separata dalla RAM principale del computer.
Nelle moderne implementazioni del BIOS possono essere selezionati i più diversi tipi di supporto per l'avvio e sono presenti numerose funzioni per la diagnostica e la personalizzazione di importanti funzioni relative all'utilizzo della RAM, alle opzioni per l'overclocking e sono presenti segnali di allarme in caso di malfunzionamenti delle ventole o eccessivi aumenti della temperatura.
BIOS riprogrammabile
Il BIOS è il firmware del computer, dal momento che è una parte integrante dell'hardware, pur essendo composto da istruzioni software. Prima del 1990 il BIOS veniva memorizzato su una o più ROM, non riprogrammabili. Man mano che la complessità è aumentata, di pari passo con la necessità di aggiornamenti, si è diffusa la memorizzazione del firmware BIOS prima su EPROM, poi su EEPROM o flash memory così da permettere un rapido aggiornamento anche da parte dell'utente finale. La presenza di BIOS aggiornabili anche dall'utente, permette di ottenere ad esempio il supporto per CPU più aggiornate o dischi fissi più capienti. Per effettuare tali operazioni è indispensabile consultare il manuale d'uso della scheda madre e/o il sito web del produttore.
Dal momento che eventuali errori nell'aggiornamento del BIOS rendono il computer inservibile, alcune schede madri sono dotate di un doppio BIOS che consente di ripristinarne l'uso dopo una riprogrammazione sbagliata. Sono noti alcuni virus che sono in grado di sovrascrivere il BIOS (ad esempio il famigerato CIH o Cernobyl virus), tuttavia la maggior parte dei sistemi è dotata di un'opzione nel BIOS stesso per disabilitare le funzioni di scrittura e - spesso - di un ponticello che disabilita le tensioni di programmazione necessarie per l'alterazione della EPROM (la EPROM è una ROM riscrivibile più vo

12 nov 2013

CURIOSITÀ

PERICOLOSI PER L'UOMO?

ZANZARA: A noi abitanti del nord del mondo dà solo fastidio ma le specie anofele, portatrice del plasmodio della malaria, è responsabile di 2.000.000 di morti l'anno.

COBRA: Non è il più velenoso dei serpenti ma provoca la maggior parte dei  100.000 decessi l'anno causati da questi rettili.

SCORPIONE: La puntura di questo aracnide provoca ogni anno nel mondo oltre 5.000 casi letali.

COCCODRILLO: Il coccodrillo e altre specie affini (alligatore, caimano, gaviale) uccidono un migliaio di persone ogni anno. 

ELEFANTE: La versione reale del tenero Dumbo uccide in realtà circa 500 persone l'anno.

SQUALO: Viene considerato dalla maggioranza delle persone l'animale più pericoloso e aggressivo per l'uomo, nella realtà uccide solo 30-50 persone nel mondo l'anno.

Non dimentichiamo gli ippopotami, i felini in genere e alcune antilopi... ma, curiosità, la caduta accidentale delle noci di cocco dalle loro piante provoca almeno 150 morti l'anno.